Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei, dice un vecchio detto popolare. Un detto che ben si adatta allo studio fatto dall’Università di Standford in California: anche dopo un pasto leggero si possono avere dei picchi glicemici.
Pubblicato il 24 luglio sulla rivista Plos Biology lo studio rivela infatti che anche cibi che non riteniamo grassi o particolarmente zuccherosi possono alzare di molto i livelli di zucchero nel sangue in persone normalmente sane, facendo loro raggiungere picchi molto alti. I picchi glicemici possono contribuire al rischio di malattie cardiovascolari e alle tendenze di una persona a sviluppare insulino-resistenza, che è un precursore del diabete.
La scoperta arriva da un team di ricercatori della Stanford University in California, che ha monitorato le fluttuazioni glicemiche che si verificano nel corso di una settimana in 57 persone sane con età compresa tra i 27 e i 76 anni, riuscendo a delineare tre glucotipi differenti.
Per fare questo, sono stati usati metodi innovativi per controllare costantemente il glucosio nel sangue, lo zucchero presente, la resistenza e la secrezione di insulina. Monitoraggi di gran lunga diversi da quelli compiuti normalmente, che misurano invece il glucosio solo in determinati momenti.
I ricercatori hanno così raggruppato i partecipanti in tre diversi glucotipi, basati sui modelli di variabilità della glicemia. In alcune persone non si registravano variazioni dello zucchero nel sangue – i cosiddetti glucotipo di “bassa variabilità” – in altri gli zuccheri erano invece a livelli molto alti – glucotipo “variabilità severa”- e infine, le persone che si trovavano nel mezzo erano classificate come il glucotipo “moderato”. In conclusione, più della metà delle persone i cui precedenti test glicemici avevano dato “valori normali” ha raggiunto con questi test nuovi gli stessi livelli di zuccheri delle persone prediabetiche o diabetiche.
I risultati hanno quindi rivelato che l’alterazione dei livelli di glucosio è più prevalente ed eterogenea di quanto si pensi e può influenzare individui considerati normoglicemici, causando l’insorgenza dell’insulino-resistenza, precursore del diabete di tipo 2.
«Abbiamo visto che ci sono molte persone che hanno picchi di livelli di glucosio e non lo sanno nemmeno », ha detto Michael Snyder, professore di genetica a Stanford e autore senior dello studio.
In virtù di questo studio, secondo i ricercatori, le analisi attuali che facciamo normalmente per conoscere le nostre curve glicemiche non possono descrivere appieno le sfumature dei modelli glicemici. Le prove accumulate dalla ricerca suggeriscono che questa tipologia di esami fa infatti perdere la possibilità di identificare la variabilità glicemica, o picchi di glucosio, in un arco temporale più ampio, e quindi anche in persone che oggi vengono considerate sane.