Dona sangue per sdebitarsi con l’Italia

2018-06-11T12:38:08+02:00 4 Giugno 2018|Storie|

Donare il sangue per sdebitarsi. Accade nel Nord Est e più precisamente in provincia di Padova. I protagonisti sono Alberto Ruggin, educatore della comunità per l’accoglienza Tangram (rompicapo cinese), e il ventiduenne Demba Traoré che fino a un paio di anni fa viveva, studiava e lavorava a Bamako, capitale del Mali.

«Una decina di giorni fa Demba è venuto in ufficio – racconta Ruggin a DonatoriH24 che lavora nella sede di Monselice dell’associazione -. Educato come sempre, si avvicinò e mi chiese: posso donare il sangue? Il ragazzo, con quella richiesta, mi aveva spiazzato perché in tanti anni di attività sociale con gli immigrati, era la prima volta che la sentivo. Ho conosciuto tantissimi richiedenti asilo, immigrati di ogni religione e provenienza. Sapevo che molti di loro hanno pregiudizi sulle donazioni, sia di sangue che di organi. Retaggi religiosi che li condizionano fortemente. Ho assistito a scene strazianti per un semplice prelievo di sangue per eseguire le analisi e mi è parso così strano che Demba si offrisse per una donazione».
«E’ vero, ci sono tanti pregiudizi ma avevo sentito parlare anche nel mio Paese della possibilità di donare il sangue – ha raccontato il giovane immigrato a DonatoriH24 – . Ho chiesto ad Alberto se era possibile farlo perché avevo un desiderio che volevo assolutamente realizzare: sdebitarmi con l’Italia per tutto quello che mi ha dato. Questo splendido Paese ha fatto molto per me e non sarò mai abbastanza grato per avermi salvato e offerto ancora una possibilità per vivere in un modo dignitoso. In questo momento non ho altro, posso donare solo il mio sangue e mi sono proposto con orgoglio».

Alberto e Demba a metà della scorsa settimana sono andati al centro Avis allestito all’interno degli Ospedali riuniti Padova-Sud-Schiavonia, sempre nel Comune di Monselice. Il ragazzo è in Italia da oltre un anno e quindi non c’erano problemi di malaria o altre malattie infettive. «Abbiamo presentato anche una serie di analisi cliniche fatte nel nostro centro – ricorda Alberto Ruggin – e la volontaria dello sportello informazioni ha detto che non c’erano ostacoli: la donazione si poteva fare». Subito dopo il giovane è stato sottoposto ad altre analisi, quelle di routine alle quali si sottopongono tutti i donatori, e alla visita medica che ha definitivamente aperto la strada verso la realizzazione del suo sogno.

Demba, studiava a Bamako in una scuola che è l’equivalente del nostri liceo. Per mantenersi agli studi faceva lavoretti saltuari soprattutto nei campi. Finiti gli studi ha deciso come tanti di tentare la fortuna in Europa. Quattro mesi di sofferenze per attraversare il deserto fino a raggiungere il mare della Libia, due mesi di dolore nelle carceri libiche e infine la paura della attraversata da un piccolo porto vicino a Tripoli alle coste italiane. «Sono scappato perché sono un musulmano sciita mentre nel mio Paese la maggioranza è sunnita. Ho subito tanti soprusi, ho rischiato la vita e sono scappato. Vorrei fare tante cose per l’Italia dove sono stato accolto a braccia aperte. Adesso inizio con questa donazione, poi vedremo».

L’esempio di Demba Traorè non è stato seguito per ora da nessuno ma il suo gesto ha suscitato tanta curiosità negli altri immigrati del centro di accoglienza. «Si sono incuriositi, hanno chiesto informazioni sulle donazioni – dice Alberto Ruggin -. Sono sicuro che qualcuno ci sta pensando e ci farà anche una bella sorpresa».