Indagine Avis e Iss sulle infezioni sessualmente trasmissibili: genitori meno informati dei loro figli

2019-01-24T17:29:23+01:00 11 Maggio 2018|Attualità|

«Quest’anno il titolo del festival del volontariato è “Mettiamoci Scomodi”, quale tema è oggi più scomodo delle malattie sessualmente trasmissibili?», domanda provocatorio Francesco Marchionni al telefono con DonatoriH24 per raccontarci alcune anticipazioni dell’indagine Avis “Testa o cuore? Quando una scelta consapevole può cambiarti la vita”, che domani (sabato 12 maggio) presenterà a Lucca e di cui ne giorni scorsi ci ha parlato anche il presidente Alberto Argentoni. Marchionni, 29 anni e una grinta degna di un volontario della prima ora – «ho iniziato che avevo 18 anni» –  era Coordinatore della Consulta Giovani Avis quando il progetto di ricerca sulla consapevolezza delle modalità di trasmissione delle malattie sessuali è iniziato. «L’ho seguito in tutti i suoi passaggi fino ad oggi assieme ad Alice Simonetti – dice – oggi abbiamo una fotografia ancora più completa di quella che presentammo l’anno scorso durante la nostra assemblea generale. C’è ancora molta superficialità nell’approccio alle malattie sessualmente trasmissibili, sia per l’esistenza di comportamenti scorretti sia per il diffondersi in rete di informazioni scientificamente fasulle».

In ogni caso l’indagine, realizzata assieme al Centro Operativo Aids dell’istituto Superiore di Sanità, aiuta innanzitutto a conoscere la situazione e ad accrescere – non solo nei più giovani – la consapevolezza che per essere donatori di sangue occorre tenere uno stile di vita responsabile» .

Gli ultimi dati che verranno resi noti domani sono interessanti e sfatato diversi miti. Tra di essi, due per tutti: a parità di istruzione, i più disinformati sulla trasmissione delle malattie sessuali non sono già i giovani come in molti pensano (fascia 18-24 anni) che anzi nel 13% dei casi risultano altamente informati, ma i loro genitori (e qui le fasce sono due, 25-46 anni e oltre i 46) disinformati complessivamente nel 74% dei casi, a parità di istruzione. Inoltre, la frequenza maggiore di malattie sessualmente trasmissibili risulta essere tra gli eterosessuali e non tra coloro che si dichiarano omosessuali. «Anche per questo motivo abbiamo decisa di rendere la ricerca pubblica in una sede “scomoda” – sottolinea Marchionni – i dati rompono dei tabù e devono far riflettere».

Il criterio principale dell’indagine è presto detto: coinvolgere quante più persone e quante più realtà di volontariato e di altri settori. Il risultato è stato sorprendente: in un mese ben 11mila persone hanno compilato il test distribuito online.  I campioni intervistati erano di due gruppi: donatori e non donatori. Se questi ultimi, risultano essere quelli più informati – il 41%  ha dato risposte corrette rispetto alle domande basilari su HIV e infezioni sessualmente trasmissibili contro il 38 dei non donatori – anche i donatori sono risultati disinformati su particolari settori. Infatti tra gli over 25 il 48% di tale gruppo dichiara di avere una vita «tranquilla» dal punto di vista sanitario perché ha un partner stabile con il quale ha rapporti sessuali non protetti contro il 38% dei non donatori. «Avere un rapporto stabile però non vuol dire necessariamente non essere a rischio – ricorda Marchionni – questo dimostra che c’è confusione in materia e necessità di migliorare l’informazione». E aggiunge: «del resto c’è molta confusione anche su altri aspetti. Per esempio il rapporto orale: molti pensano che ci sia una differenza di rischio se viene subito o fatto, ma questa distinzione non è propriamente corretta».

L’indagine ha evidenziato la diffusione, 6-15%  dei partecipanti, di luoghi comuni errati e false credenze su HIV e infezioni sessualmente trasmissibili, convinzioni che alimentano lo stigma verso le persone HIV positive, ma possono altresì far incorrere in comportamenti a rischio di infezione . La  percezione del rischio di infezione attraverso i rapporti sessuali è risultata in alcuni casi del tutto distorta: circa il 15% dei partecipanti ritiene che sia assente la probabilità di infettarsi durante un rapporto sessuale non protetto con un partner conosciuto, mentre ritiene tale rischio si alzi molto se il partner è omosessuale, nonostante durante il rapporto venga usato il preservativo. I dati della ricerca sono stati inoltre incrociati con quelli in possesso del Coa rispetto alla diagnosi di HIV: i malati hanno una media di 39 anni  (rientrando quindi nella fascia di 25-46 anni) e sono in maggioranza eterosessuali. «Ciò è probabilmente anche dovuto al fatto che solo una minoranza dichiara la propria eterosessualità – specifica Marchionni – ma il dato resta. E ci conferma che la fascia di età tra i 25 e 46 anni è in effetti in una situazione di difficoltà informativa».

L’ottava edizione del Festival del volontariato che è partita oggi (venerdì 11 maggio) si concluderà domenica (13 maggio) nella città di Lucca, in Piazza Napoleone, sotto una tensostruttura allestita per essere il cuore pulsante della città toscana. Tre giorni di eventi, 100 relatori e 25 convegni e un titolo che è un programma e un ammonimento allo stesso tempo: perché oggi il volontariato ha un ruolo scomodo – spiegano sul sito dell’iniziativa gli organizzatori –  visto che opera in prima linea rispondendo ai bisogni sociali trascurati dallo Stato e dimenticati dalla società, visto che mette a nudo le contraddizioni del nostro tempo e chiama le istituzioni pubbliche e i cittadini a prendersi nuove e più forti responsabilità. E quindi, “Mettiamoci Scomodi” per andare oltre la denuncia, proponendo pratiche e azioni capaci di riconnettere le persone all’idea di comunità.

La ricerca sarà integralmente pubblicata a fine mese, ma qui di seguito si possono consultare alcuni dati di essa.

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