“Ogni volta che dono, non vado mai da solo, ma coinvolgo qualcuno”

2020-05-13T09:57:26+02:00 13 Maggio 2020|
Lucio Passio di Lucio Passio

Ho iniziato a donare appena compiuti diciotto anni perché mia madre Lucia, quando ero ancora un bambino, è stata colpita da un tumore contro il quale ha lottato a lungo. Per sette anni sono state necessarie moltissime trasfusioni di sangue e piastrine, ma poiché mia mamma è 0 negativo, la problematica della terapia aumentava drasticamente. Si è ammalata nel ’79.

Ricordo che mio padre Francesco ogni volta che doveva trovare una trasfusione non sapeva come fare. A Baiano, il paese dove vivo in Campania, all’epoca non c’erano i social, non c’era interconnettività o un modo per trovare un donatore che arrivasse nel paese per donare a mia madre. Ricordo che, dopo un primo periodo di enormi difficoltà, mio padre quando era il momento della trasfusione, si rivolgeva ad un signore che aveva lo stesso tipo di sangue. Si chiamava l’ingegner Picciocchi, il quale, prima di donare, trascorreva un po’ di tempo con noi bambini a giocare e chiacchierare. Ancora conservo il ricordo di quest’uomo molto buono e che ha dato tanto alla mia famiglia.

Così, non appena diventato maggiorenne, ho iniziato a donare sangue. Adesso ne ho 43 di anni e da molto mi sono attivato nella promozione della donazione con la Fratres, ricoprendo anche alcuni ruoli associativi. All’inizio donavo ogni tanto, poi sono diventato regolare e in un anno ho addirittura donato dodici volte: quattro volte sangue, sei volte piastrine e due plasma. Sono fortunato perché ho le vene adatte e non ho nessun problema con le piastrine anche se l’ago è un po’ più grande.

Quando qualche anno fa andavo a donare nella vecchia sede del trasfusionale all’ospedale Moscati di Avellino, la sala donatori era proprio davanti a quella dei riceventi, dai quali si era divisi solo da una tendina. Una volta è successo che la tendina fosse rialzata. Dall’altra parte era seduta una signora malata di leucemia che stava ricevendo la trasfusione. Abbiamo cominciato a parlare, ho fatto qualche battuta e abbiamo chiacchierato e riso, trascorso il tempo insieme. Alla fine ci siamo perfino ringraziati per il reciproco intrattenimento, mentre aspettavamo la fine della trasfusione.

Per me è stata un’esperienza indimenticabile. Vedere con i miei occhi la signora alla quale venivano infuse le piastrine, mi ha mostrato quello che succede nella realtà, il motivo per cui i donatori di sangue donano, la ragione ultima del nostro sforzo. I donatori sanno che qualcuno dall’altra parte beneficia del loro impegno, ma non incontrano i pazienti. In questo modo mi sono davvero reso conto del bene che porta la donazione di sangue, plasma e piastrine.

Per questo non vado mai a donare da solo e insieme alla Fratres cerco sempre di coinvolgere qualcuno di nuovo.