Intervista a Perotti, tra i protagonisti nella ricerca sul plasma iperimmune

2020-05-29T10:45:11+02:00 29 Maggio 2020|Primo Piano|
plasma di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

È stato uno dei protagonisti della prima fase sperimentale sul plasma iperimmune, aiutando molti pazienti in condizioni difficili e salvando molte vite. Cesare Perotti, direttore del Servizio Immunotrasfusionale del Policlinico San Matteo di Pavia, ha molto da raccontare sui giorni più convulsi dell’epidemia e su ciò che potrà aspettarci nella fase due della sperimentazione.

A DonatoriH24 ha tracciato un bilancio della sua esperienza, e ha parlato di media, di solidarietà e di collaborazione tra sanità e istituzioni.

Professor Perotti, qual è il suo bilancio personale di questa prima fase di sperimentazione. Si aspettava risultati così positivi sui pazienti?

Direi che è un bilancio certamente positivo, da leggere su due fronti. Uno prettamente medico: mi aspettavo dei buoni risultati, ma quello che abbiamo potuto registrare ha superato le più rosee aspettative, e questo ci dà grande soddisfazione. L’altro aspetto, forse ancora più importante, è la solidarietà. Ovviamente, il presupposto dell’utilizzo del plasma è la disponibilità di una persona a donare ad un’altra persona. Disponibilità che, in questa situazione, poteva non essere così scontata perché bisogna considerare che il donatore di plasma iperimmune arriva da un’esperienza clinica importante e, quindi, personalmente, non mi aspettavo una partecipazione così intensa e ampia.

Osservando di persona i progressi dei pazienti, cosa ha provato?

Beh, è stato molto gratificante. Io ricordo le prime cessioni di plasma iperimmune, l’ansia di conoscere subito l’esito dell’infusione e, nella giornate successive, la soddisfazione di vedere che il paziente stava migliorando. Una specie di thrilling a buon fine.

L’assessore Gallera ha annunciato un protocollo per i prossimi mesi, con al centro del progetto una banca del plasma iperimmune e il coinvolgimento di Avis. Cosa pensa di queste misure?

Che siano un’ottima iniziativa. E’ un nostro dovere, con tutto quello che è stato fatto finora, con l’esperienza maturata, preoccuparci di costruire una banca del plasma che ci permetta di essere pronti per un’eventuale seconda ondata di contagi.

La terapia basata sull’uso di plasma iperimmune è stata molto discussa mediaticamente in queste prime settimane. Come mai secondo lei? Non bastava aspettare i risultati e valutarla senza dare giudizi affrettati?

Il coronavirus è un virus nuovo, di cui si conosce poco, che ha avuto un impatto importante sulla salute dei cittadini, sul sistema sanitario e sulla società. E’ comprensibile che tutto quello che riguarda questa infezione abbia scaturito e scaturisca anche in dibattiti mediatici. Il nostro obiettivo era dare una puntuale informazione raccontando quello che stavamo facendo, inizialmente, raccontando l’applicazione del nostro studio pilota e, successivamente, con i risultati.

Finalmente anche le istituzione si sono accorte della terapia. Quanto sarà importante nelle prossime settimane la collaborazione tra protocolli e lo scambio di informazioni?

Questo è il presupposto perché qualsiasi protocollo o azione medica concertata, funzioni. E’ fondamentale condividere le proprie esperienze, i risultati conseguiti: solo così tutto funziona perfettamente.

Professor Perotti, sul piano prettamente scientifico in che modo potrà evolvere l’uso del plasma iperimmune nel medio e nel lungo periodo?

Abbiamo diverse strade da percorrere, ma ora dobbiamo concentrarci sul breve -medio periodo; la prima è proprio il bancaggio, con una banca del plasma iperimmune.