La videoconferenza sulla terapia da plasma iperimmune contro il Covid-19 andata in scena lo scorso 16 aprile su Donatorih24.it, ha raccolto a sé moltissimi professionisti, medici, associazioni, la cui attività rientra nell’ampio raggio di ricerca e utilizzo di questa straordinaria materia biologica dall’enorme potenziale, da cui è possibile estrarre farmaci plasmaderivati di vitale importanza per tantissimi pazienti affetti da patologie rare o molto difficili da contrastare. Dalle immunoglobuline, per esempio è determinata la salute dei pazienti di neuropatie disimmuni acquisite, un gruppo di malattie neuromuscolari rare ma non troppo (in Italia ci sono circa diecimila pazienti), probabilmente di natura autoimmunitaria, che attaccano il sistema nervoso periferico e acuendo il rischio d disabilità gravi. Le immunoglobuline, e dunque le cure consentite dal plasma, sono di grande aiuto, e per approfondire il tema, la casistica, il legame tra dono e salute, e capire l’importanza che il plasma riveste per la vita di molte persone, abbiamo intervistato Massimo Marra, presidente della CIDP Italia aps, e paziente a sua volta.
Dottor Massimo Marra, ci racconta com’è nata l’idea del CIDP Italia e com’è cresciuta nel tempo?
Nel 2008 dopo una polmonite ho progressivamente perso l’utilizzo di mani e piedi. Dopo qualche settimana di temporeggiamento mi sono rivolto a un neurologo che ha immediatamente avuto il sospetto diagnostico e mi ha avviato alla terapia appropriata e dopo un anno avevo recuperato quasi tutto. Ero già attivo nel mondo associativo e la scarsità di informazioni presenti online mi ha spinto a creare un sito informativo che da subito è diventato il riferimento per tante persone. Le storie raccolte, dalle quali emergevano difficoltà di diagnosi e di accesso alle cure e la necessità di interagire formalmente con le istituzioni, mi hanno poi spinto a creare formalmente l’associazione nel 2012. Oggi l’associazione ha una diffusione nazionale e ha ottime collaborazioni con la società scientifica di riferimento che è l’ASNP (associazione per lo studio del nervo periferico), con le altre associazioni di pazienti e con le istituzioni. In questi anni abbiamo fatto numerosi progetti con la Federazione UNIAMO delle malattie rare, con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità e con i vari coordinamenti regionali delle malattie rare. Stimoliamo la ricerca e crediamo nelle persone, soprattutto nei giovani. Ogni anno infatti sosteniamo dei giovani ricercatori e diamo dei premi di laurea alle migliori tesi sulle malattie che rappresentiamo. La cosa che mi piace evidenziare, e questo emerge da numerosi confronti con altri rappresentanti dei pazienti delle altre nazioni, è che l’Italia è una nazione nella quale vi è una diffusa capacità di diagnosi anche negli ospedali di periferia e non vi sono problemi nell’accesso alle cure. Il merito va sicuramente alla scuola italiana del nervo periferico che è antica ed apprezzata a livello internazionale ma anche alla concezione italiana di salute e di presa in carico della persone.
Ci racconta più in dettaglio le patologie che combattete e cosa comportano per i pazienti?
L’associazione ha il nome CIDP che è la sigla internazionale della patologia Polineuropatia Cronica Infiammatoria Demielinizzante. Si tratta di una malattia rara neuromuscolare che diagnosticata precocemente e opportunamente trattata può nella maggior parte dei casi può essere tenuta sotto controllo. Nel corso degli anni si è scoperto che la CIDP è in realtà un gruppo di patologie, anche abbastanza ampio, che hanno in comune i sintomi e la risposta alle stesse terapie, ma che sono dovute a cause differenti. Accanto a queste forme, che sono croniche, vi sono poi delle forme acute come ad esempio la Guillain-Barrè. Tutte queste malattie si manifestano in modo piuttosto importante colpendo la capacità di movimento e l’autonomia anche nell’igiene personale; arrivano in un corpo che resta lucido e lo sconvolgono senza sapere il perché e il come. I pazienti entrano in crisi e con loro tutti i loro cari. Si mette in discussione il proprio ruolo nella famiglia, nel lavoro, nella società. Ci si chiede se si tornerà ad essere quello di prima. E’ questo il momento più critico perché non ci si può permettere di mollare o di cadere in depressione. Per questo abbiamo realizzato una campagna di comunicazione chiamata “le nostre storie” che attraverso 8 video raccontano le storie di persone che sono incappate nella malattia ma poi si sono riappropriati della loro vita.
Quanto è importante l’utilizzo dei plasmaderivati per i pazienti che soffrono di neuropatie disimmuni?
Le terapie di prima linea attualmente utilizzate sono le immunoglobuline umane. Sono cioè gli anticorpi che si ricavano dalla lavorazione delle donazioni del sangue e del plasma. Si tratta di una terapia molto importante perché riesce a tenere sotto controllo i sintomi ma purtroppo ha una validità temporale limitata per cui ogni 4 settimane il paziente deve riceverne una dose ulteriore. La dose, è importante dirlo, è una infusione che dura dalle 4 alle 8 ore al giorno e va fatta per 4-5 giorni consecutivi. In questi casi tutto vive in funzione della settimana di infusione. Da alcuni anni è disponibile anche la cura sottocutanea per cui il paziente può effettuare il trattamento a domicilio. Al momento, in base a una indagine commissionata dall’associazione a una università italiana, il 40% dei pazienti preferisce e vuole fortemente la cura ospedaliera e un altrettanto 40% preferisce e vuole fortemente la cura domiciliare. Il problema nel trattamento delle nostre patologie è la grande quantità di farmaco che serve. Un paziente tipo di CIDP necessita di 2 grammi di immunoglobuline al mese moltiplicato il proprio peso corporeo. Considerato che da una donazione di sangue si ricava poco più di un grammo di immunoglobuline, facendo 2 calcoli si conclude che per curare un paziente di CIDP per un anno servono anche 1000 donazioni di sangue.
L’autosufficienza ematica è un obiettivo strategico per il paese, così come ci ha insegnato questa pandemia. Come si può incrementare secondo lei la sensibilità comune verso la plasmaferesi?
Va evidenziato come per alcuni farmaci come le immunoglobuline il cui utilizzo lo misuriamo in grammi, il consumo totale nazionale sia oltre le 5 tonnellate e continua a salire. Come paese non siamo autosufficienti per cui importiamo una quota significativa di immunoglobuline. In situazioni di pandemia il numero di donazioni tendenzialmente diminuisce. In questo caso, almeno in Italia, la situazione però sembra reggere. Noi come associazione cerchiamo in tutti i modi di sostenere le donazioni e sensibilizzare i nostri pazienti sull’impatto sociale che loro stessi hanno. L’obiettivo nazionale dell’autosufficienza noi cerchiamo di declinarlo a livello di singolo paziente. Ciascuno dei nostri soci è invitato a sensibilizzare alla donazione del sangue tutti i parenti e amici. Deve riuscire a raccogliere un numero di donatori almeno sufficiente per il suo fabbisogno.
Su Donatorih24.it raccontiamo il dono come un gesto fondamentale e diretto a un obiettivo importantissimo, il benessere dei pazienti. Ci vuole raccontare, attraverso la sua esperienza sul campo, questo legame?
I derivati del sangue sono per noi di estrema importanza. Il nostro motto è: “se tu doni io cammino”. Quando non sono stato bene ho effettuato circa 40 plasmaferesi assorbendo nel mio organismo decine e decine di flaconi di farmaco. Solo anni dopo ho scoperto che quel farmaco trasparente derivava dal sangue e solo dopo altri ulteriori anni ho capito che dentro a quelle decine di flaconi ci stava il sangue di centinaia di persone. Persone che incontro per strada, che non conosco e delle quali non so nulla. Persone di cui, mi piace pensare, ho avuto una delle loro parti migliore. Il problema è che molti pazienti pensano che il farmaco sia lì nel deposito e arrivi dal nulla; non hanno idea di tutto il lavoro che ci sta dietro e delle migliaia di donatori che servono. Da un po’ di tempo dedico qualche minuto a visitare le pagine social delle associazioni di donatori di sangue e di plasma. Vedo tantissima gente; a volte giovani e a volte persone mature. Vedo persone che conosco personalmente e del cui altruismo non avevo alcuna idea. Ecco questo è il bello della donazione: donare agli altri è farsi accettare dagli altri.