“Il primo ricordo che ho di quando ero bambino, è la trasfusione di sangue che mi fecero al collo“. Tony Saccà, oggi, ha 45 anni. Ha scoperto di essere malato di talassemia alla tenera età di 11 mesi. Vive a Messina, dove è nato. Sposato e papà di tre figli, è il presidente di United Onlus, la fondazione che raccoglie su tutto il territorio nazionale circa 40 associazioni di pazienti con talassemia, drepanocitosi (detta anche “anemia falciforme”, provocata da una mutazione del gene che produce l’
Deve sottoporsi a una trasfusione di sangue ogni 15 giorni altrimenti, come confessa lui stesso, “non potrei essere qui a raccontare la mia esperienza”. Quella di Saccà è una delle tante storie di quei pazienti che hanno nei donatori e nella loro attività volontaria la propria principale, se non unica, speranza di vita. Quando noi di DonatoriH24 lo contattiamo, Tony è al policlinico di Messina in attesa proprio di sottoporsi alla trasfusione: “C’è un po’ da aspettare – spiega – la sacca non è ancora arrivata”. Qui è ormai “di casa”: è grazie a questa terapia che, a 45 anni, può dire di riuscire a garantirsi “uno stile di vita quantomeno normale che mi ha permesso anche di sposarmi e diventare padre di tre bellissimi bambini”. Ma c’è voluto del tempo.
Nei primi mesi di vita Tony sembrava un bimbo assolutamente sano: “Poi pian piano ho iniziato a manifestare forme di stanchezza sempre maggiori, fino a non riuscire ad alzarmi dal letto. I miei genitori mi fecero visitare e, a nemmeno un anno, mi venne diagnosticata la talassemia”. Le trasfusioni iniziarono subito, e il suo primo ricordo da bambino, come lui stesso racconta, è proprio della “puntura dell’ago nel collo mentre ero sdraiato a pancia in giù. Spesso è difficile trovare le vene dei bambini, così i medici decisero di intervenire in altro modo”. Quella puntura d’ago, a cui ogni quindici giorni si sottopone, è la sua garanzia di vita.
“Ogni mattina quando apro gli occhi ringrazio chi dona il sangue – racconta -. Se non fosse per i donatori non sarei qui. Da quando ho scoperto di essere talassemico mi sarò sottoposto a circa 2mila trasfusioni, quindi vuol dire che altrettante persone hanno contribuito a far sì che io potessi contare su quelle quantità di sangue”. E a Tony è sempre, per così dire, andata bene, nel senso che ha sempre avuto a disposizione le sacche compatibili con lui che è 0 positivo. Ma se il sangue non dovesse esserci? O se dovessero arrivare le sacche in ritardo? Cosa potrebbe succedere? “In quel caso bisogna procedere con una terapia ridotta o rimandare addirittura la trasfusione, ma in quel caso subentrerebbero una serie di problemi”. Saccà spiega quali: “Il primo effetto è il calo dell’emoglobina, con conseguenti sintomi di stanchezza accompagnati da dolori fisici. Nel mio caso schiena, cervicale e mandibola sono i punti in cui avverto i primi sintomi. Poi però si passa alle sofferenze d’organo, in particolare per il cuore che fatica a pompare il sangue”.
La sensibilizzazione e la spinta a portare le persone a donare è uno dei motivi che, nel 2012, hanno portato alla nascita di United Onlus e che, a oggi, ispira l’attività di Saccà e degli altri volontari: “Mi piace presentarmi di persona agli incontri con le associazioni di volontari e con coloro che donano il sangue. Credo che far conoscere i pazienti che ricevono il sangue sia il modo migliore per chiarire quanto importante e prezioso sia ciò che fanno i donatori. Per questo ne servono sempre di più”. Nonostante Messina sia un territorio in cui la raccolta di emocomponenti non rappresenti un fiore all’occhiello: “La nostra città è all’ultimo posto in Italia come donazioni di sangue. Ne contiamo circa 4mila all’anno, ma l’esigenza oscilla tra le 12mila e le 13mila – conclude -. Riusciamo a sopperire grazie alla compensazione regionale e a realtà a noi vicine, come ad esempio Ragusa, che rappresenta un’eccellenza non solo della Sicilia, ma dell’intero Paese”.