“Abbiamo un enorme problema con le cure: non esiste una terapia. Conoscere in anticipo l’eventuale demenza sarebbe prezioso per consentire alla persona di rallentarne gli effetti”. Lo spiega a DonatoriH24 Mario Possenti (nella foto), segretario generale della Fai (Federazione Alzheimer Italia), in merito alla ricerca che ha portato a scoprire una proteina nel sangue in grado di individuare, con anni di anticipo, il morbo di Alzheimer prima che si manifestino i sintomi iniziali.
La Federazione rappresenta la maggiore organizzazione nazionale no profit dedicata alla promozione della ricerca medica e scientifica sulle cause, sulla cura e sull’assistenza per la malattia di Alzheimer. Formata in prevalenza da familiari di malati, riunisce e coordina 46 associazioni che si occupano di questa patologia, e ha l’obiettivo di creare una rete nazionale di aiuto ai malati ed alle loro famiglie.
Pur non esistendo una terapia ben precisa, Possenti spiega come la stimolazione cognitiva possa aiutare le persone alle prese con forme di demenza: “Effettuare determinati esercizi può rallentare l’effetto del morbo – spiega -. È importante coltivare contatti sociali, noi diciamo sempre che quello che fa bene al cuore fa bene anche al cervello. Incontrare persone, non stare da soli, dilettarsi con passatempi come i cruciverba, sono tutte attività che mantengono attiva la mente“.
Anche perché, come espresso dal Rapporto Mondiale Alzheimer 2018, l’Italia deve fare i conti con dati che, in proiezione futura, vedono aumentare il numero delle persone alle prese con forme di demenza: “A oggi abbiamo, su base statistica, conferma che oltre un milione e duecentomila italiani è affetto da patologie di questo tipo che, per il 50-60% dei casi, è riconducibile proprio all’Alzheimer. Le proiezioni, inoltre, ci dicono che il numero è destinato ad aumentare, anche perché, per ogni forma di demenza, l’età rappresenta un’aggravante e il nostro è un paese anziano”.