«Donare sangue mi fa sentire bene». È di poche parole Guglielmo Pacetto, vincitore solo qualche mese fa della coppa mondiale di kickboxing. Trentadue anni, Pacetto è nato in un piccolo paese in provincia di Ragusa ma la soddisfazione che ha dato ai suoi amici e compaesani è grande: oltre alla recente vincita nella categoria Low Kick -60 Kg FIKBMS, Guglielmo è stato anche infatti medaglia di bronzo agli Europei, e sei volte campione italiano categoria Low kick -60kg.
Qui, nel libero consorzio comunale di Scicli, tra poco più di 28mila concittadini, Guglielmo vive, lavora, si allena duramente e dona sangue.
Il kickboxing è la sua vita. Trascorre ore ed ore a tenersi in forma, ad insegnare agli allievi – bambini compresi – e a gestire la propria palestra: la “Kick boxer’s Bitter’son”. Maestro e campione l’atleta è anche testimonial Avis da alcuni mesi: proprio da quando il 12 novembre scorso si è laureato campione del mondo della federazione Wako a Budapest .
Guglielmo come molti siciliani è legatissimo alla propria terra ed è un uomo generoso: nello sport come nella vita.
Lo abbiamo raggiunto nella sua amata palestra, da dove con piacere si racconta.
Quando tornerà sul ring?
Non abbiamo ancora fissato alcun incontro, ma spero di tornare a combattere molto presto.
Si aspettava di arrivare così in alto?
Dopo la medaglia di bronzo all’Europeo in Slovenia, volevo coronare un sogno e portare nella mia Scicli una medaglia d’oro. Quel sogno finalmente si è avverato.
Detto, fatto. Chi le ha chiesto di diventare un testimonial Avis?
La sede comunale di Scicli mi ha proposto di partecipare a questa iniziativa dopo la mia vittoria ai campionati del mondo di Budapest (si sono svolti dal 4 al 12 novembre 2017 in Ungheria, ndr).
Da quanto tempo dona il sangue?
Sono un donatore da circa dieci anni, lo faccio con molto piacere: è una cosa che mi rende felice.
Cosa l’ha spinta a compiere questo gesto?
Un mio amico, un atleta, è donatore di sangue: iniziò prima di me e un giorno, in palestra, mi disse: “Perché non vai a donare?”. Non ci ho pensato due volte, mi è sembrata una cosa naturale e molto bella da fare per gli altri.
La sua prima donazione?
Sono andato in sede e ho prenotato la visita di idoneità. Non avevo paura né timore, mi sono subito sentito a mio agio. Ho passato i test e ho dato il mio contributo. Da quel giorno ho iniziato a donare il sangue con regolarità.
Essere testimonial dell’Avis per lei cosa significa?
E’ molto importante. Soprattutto perché i giovani, soprattutto i bambini, tra i quali quelli che frequentano la mia palestra, ci vedono come un esempio positivo, qualcuno da imitare. Sono il loro maestro e mi seguono attentamente, quindi donando e prestandomi quale testimonial posso convincere molte persone a fare lo stesso.
La rende orgoglioso essere un esempio per molti?
Certamente. Se posso essere utile, mi fa piacere.
Cosa l’ha spinta a donare, oltre all’esempio del suo amico?
La voglia di aiutare agli altri. È bello far qualcosa per il prossimo: è una sensazione molto gratificante, che mi fa stare in pace con il mondo.
All’interno della sua palestra, come altro sensibilizza gli allievi al dono?
Affisso al muro abbiamo il calendario dell’Avis con i giorni in cui è possibile sottoporsi al prelievo. Invito sempre i miei atleti a donare il sangue.
Cosa direbbe a un potenziale donatore per convincerlo?
Quello che c’è scritto sui manifesti dell’Avis accanto alla mia foto: “Donare è un gesto da campioni”. È la cosa più semplice ed immediata che si possa dire.