Il Segretario generale Avis sull’82^ assemblea:
un confronto acceso e democratico

2019-01-24T17:28:28+01:00 17 Maggio 2018|Attualità|

«Le assemblee sono sempre momenti di confronto democratico. Sono opportunità di dibattito interno, ma ovviamente chi vi partecipa vuole anche dialogare con l’esterno. Così sono sempre state le nostre riunioni, e così sarà anche quella del prossimo week end».

Trentanove anni e un leggero accento toscano, Claudia Firenze, prima segretario generale donna dell’Avis, parla a DonatoriH24 dell’ 82ma Assemblea Generale AVIS che si sta tenendo a Lecce, al Grand Hotel Tiziano e dei Congressi, fino a domani  (18 – 20 maggio). Un’intervista fiume in cui le vite dei donatori, la politica associativa ma anche gli aspetti più strettamente organizzativi e di colore dell’associazione si intrecciano e si sovrappongono. Siamo a Firenze, Claudia ci parla mentre le linee telefoniche del suo ufficio continuano a squillare «sono nella segreteria di un corso post laurea in studi parlamentari che qualche hanno fa ho frequentato come studentessa». Si interrompe, risponde tranquilla alla chiamata e poi riprende sempre il filo del nostro discorso da dove l’ha lasciato. «Una delle caratteristiche Avis è che siamo tutti volontari, siamo abituati a incastrare i nostri impegni extra con il lavoro. In più per noi donne…si sa il multitasking lo gestiamo bene», sorride. Ogni giorno Claudia arriva a Firenze in treno, «sono di Castelfiorentino, non rinuncio alla bella campagna toscana, in fondo ci vuole solo un’oretta per venire qui. Dove eravamo rimaste?»

L’assemblea di quest’anno si tiene a Lecce, perché la Puglia?

Ci piace che le nostre iniziative coprano tutta l’Italia, visto che le nostre sedi sono sparse per lo Stivale. Ultimamente abbiamo organizzato diversi eventi al Nord, ci è sembrata una buona occasione per tornare al Sud. Inoltre la Puglia, se ricordate, è stata il territorio di diverse situazioni difficili, come il disastro ferroviario di qualche tempo fa e i nostri di lì avevano grande piacere di ospitarci. In fondo questi momenti sono anche un’opportunità per il territorio di farsi conoscere e per fare sistema.

Il logo che avete scelto per quest’evento è davvero interessante, qual è la sua genesi?

Volevamo raccontare contemporaneamente di un sistema in evoluzione e di un sistema fatto da una Rete, tante teste diverse. Da qui l’uomo reticolare pronto allo scatto (vedi foto qui sotto, ndr). Abbiamo tante sfide davanti, dobbiamo governarle e non farci governare.

Portare in un’unica città così tanta gente deve rappresentare uno sforzo considerevole, come vi siete organizzati?

E’ una lezione di vita e un impegno considerevole. Tenete presente che i nostri primi tre, Valentina, Luisa e Massimo, mi piace citarli, sono partiti già martedì (15 maggio) da Milano in furgone: attraversano l’Italia. Così come l’Avis attraversa e incontra tutta l’Italia, sempre, visto che conta su oltre 1.300.000 soci in giro per lo Stivale che ogni anno contribuiscono alla raccolta di oltre 2.000.000 di unità di sangue e suoi derivati. La maggioranza di noi è partita comunque giovedì (17 maggio).  Organizzare la logistica di più di 1.500 persone, tanti saremo quest’anno, non è una cosa da nulla. Ci aiutano anche le Avis locali, che sono insostituibili. E anche l’organizzazione “politica” che c’è dietro è grande, a ogni livello territoriale. Ogni anno a febbraio nelle assemblee comunali si eleggono i delegati provinciali, questi eleggono a marzo i delegati regionali che si riuniscono ad aprile per decidere i delegati all’assemblea generale che quindi si tiene a Maggio: ogni regione ha diritto a un numero di delegati persone fisiche proporzionale al numero di donatori che esprime, più i delegati persone giuridiche che sono i presidenti.

La più piccola e la più grande?

La più grande è la Lombardia, con oltre 50 rappresentanti. La più piccola è la parte italiana della Svizzera, che per numero di donatori non arriverebbe a un delegato, ma che alla fine ne ha ovviamente uno (ride, ndr). Sono 19 le sedi fondate in Svizzera da emigranti italiani negli anni Sessanta. Poi ci sono le cariche elettive, come i presidenti. La Svizzera ha una delle due uniche presidenti regionali donne.

Quali temi affronterete?

I temi che riteniamo essere all’ordine del giorno del sistema sangue: la riforma del terzo settore, la questione plasma e il rapporto tra istituzioni, volontariato e comunità.

A che punto è l’Avis per quanto riguarda la riforma?

Domenica dobbiamo arrivare a un mandato assembleare per la modifica dello Statuto. La deadline per organizzare il tutto è, a oggi, il 3 febbraio 2019 e non possiamo dirimerci da tale impegno. Dobbiamo quindi capire in quale direzione vogliamo andare. Un’opzione è quella di diventare una rete associativa nazionale, ma come ho già detto le assemblee sono il momento di dibattito democratico e di scelta politica.

Cosa significa nello specifico?

Secondo la riforma, un’associazione può acquisire la qualifica di rete associativa nazionale se consta di almeno 500 enti associati in 10 regioni e noi abbiamo tali peculiarità. Tale forma associativa permetterebbe di avere alcune caratteristiche, come maggiore autonomia e funzioni di autocontrollo. Vedremo le scelte dell’assemblea.

E’ vero che ci potrebbero essere cambiamenti ai vertici?

Se ci fossero essi non avverrebbero certamente durante l’assemblea ma a giugno, in sede di Consiglio Nazionale. E’ infatti questo il luogo dove vengono votati Presidente ed esecutivo, è sempre stato così.

L’attuale presidente fu votato con una maggioranza limitata e l’ultimo anno è stato caratterizzato da confronti vivaci.

Sì, non si tratta di segreti. Ripeto, in un’organizzazione che voglia essere democratica il confronto è un elemento fondamentale. La cosa importante è che tutte le decisioni vengano prese nello spirito di squadra che ci caratterizza da sempre. Abbiamo 3.400 sedi, è normale che ci siano idee diverse. Domenica, prima delle votazioni relative alle riforme, seppure esse fossero al cardiopalma – ovviamente scherzo – (ride, ndr) si sarà arrivati a un accordo, perché gli elementi in comune all’interno dell’associazione sono molti di più delle differenze e delle sottolineature che pure ci sono.

Il momento pubblico del week end dedicato alla legalità sarà caratterizzato dall’intervista del giornalista RAI Enzo Romeo al Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. Perché questa scelta? Cosa significa legalità?

Legalità significa che se a volte alcuni temi possono presentarsi con sfumature si deve sempre ricordare che le sfumature in certi ambiti non devono esistere. Noi abbiamo un codice etico, pilastro della nostra associazione, al quale dobbiamo attenzione e rispetto. Se il nostro fondatore, Vittorio Formentano, non avesse guardato avanti come ha fatto non sarebbe stato in grado di superare le difficoltà che ha trovato e lottare per eliminare la compravendita di sangue. Dobbiamo guardare al futuro. La nostra associazione si fonda sui principi della democrazia, della libera partecipazione sociale e sul volontariato, elemento centrale e insostituibile di solidarietà umana. Dobbiamo mantenere il nostro spirito rivoluzionario e andare oltre le contingenze. Anche litigare è importante se aiuta a rispondere alle esigenze sociali. Inoltre la questione della legalità è sentita fortemente in Puglia, parlarne è quindi anche un modo per stare vicino ai territori. Alcune sedi Avis sono in edifici confiscati, ci sono progetti di educazione alla legalità: capire la differenza tra bene e male a volte è fondamentale per essere davvero una comunità.

Quali gli elementi centrali della tavola rotonda sul plasma?

E’ una tematica che dovevamo trattare perché la questione plasma è diventata da prima pagina, per molti motivi: la carenza, la percezione che la donazione di plasma sia una donazione di serie B rispetto alla donazione di sangue intero, le gare dei raggruppamenti regionali che potranno mutare gli scenari. La donazione di plasma è una donazione semplicemente più lunga e un po’ più light, visto che viene tolto l’elemento liquido ma poi il ciclo si conclude con la fase di reinfusione del sangue per la restituzione al donatore di tutte le cellule per le quali non era stato programmato il prelievo. Io stessa, avendo valori un po’ al limite, sono donatrice di plasma. Non per questo sono una donatrice di serie B. Certo, impiego un po’ più di tempo che se facessi la donazione di sangue intero. Oggi la donazione è personalizzata da ambo le parti. E’ personalizzata secondo le esigenze del donatore, ma anche secondo le esigenze del ricevente, che può avere minore o maggiore bisogno di alcune sostanze interne al sangue. Questo è un bene. Tutti lo devono capire, per questo faremo anche una campagna di comunicazione ad hoc.